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L’aumento delle disuguaglianze sociali e della povertà, con il relativo insorgere di nuovi modelli di marginalità sociale ed economica, è un fenomeno comune a tutti i paesi occidentali, anche se con differenze quantitative e qualitative. Purtroppo oggi, accanto alle tradizionali forme di emarginazione, affiorano nuove condizioni di povertà che vedono coinvolte sempre più famiglie costrette a vivere in solitudine il loro disagio.
Queste, negli ultimi anni sono sempre più povere e soprattutto sfiduciate; emerge, in particolare, il pessimismo con cui si guarda al futuro, un pessimismo dettato da vari fattori, a cominciare dal carovita che fa intravedere il rischio di impoverimento.
Tra le categorie più a rischio e penalizzate troviamo quella dei lavoratori dipendenti che risentono maggiormente delle difficoltà economiche del Paese: la perdita del potere d'acquisto è tangibile per tutti.
Quanto sopra riguarda sia i lavoratori a tempo indeterminato, che vengono considerati i più protetti, quanto, e soprattutto, i "nuovi lavoratori", con tipologie contrattuali che nella forma non costituiscono lavoro dipendente; non vogliamo affrontare poi il tema del lavoro nero, molto diffuso nella classe delle “famiglie a rischio”.
Di questo momento di difficoltà ne è la riprova il fatto che fino a qualche tempo fa le famiglie non si rivolgevano ai nostri servizi in un numero così considerevole come negli ultimi tempi; dai nostri dati emerge, infatti, come la loro affluenza sia diventata costante e sempre più in aumento. Ormai a richiedere “viveri” non sono soltanto i “disperati”, ma famiglie con un lavoro e con una casa che non arrivano alla fine del mese (o meglio alla terza/quarta settimana del mese).
In America è stata coniata un’espressione per identificare questa categoria: working poors; ossia i lavoratori poveri, coloro che pur lavorando gravitano intorno alla soglia di povertà.
Un fenomeno questo ben presente in Italia; questi lavoratori con le loro famiglie costituiscono una fascia sociale a rischio di povertà in continua espansione, una tendenza che rientra nel fenomeno di impoverimento dei ceti medi e nella proletarizzazione degli impiegati.
L’impoverimento di larghi strati sociali è un dato di fatto, in continua crescita, complice una serie di fattori che comprendono l’impatto della crisi economica, la perdita di produttività, l’inflazione che erode i salari, soprattutto quelli dei percettori di reddito fisso, i tagli al Welfare.
Ma quali sono i bisogni, il disagio che queste famiglie sperimentano?
Uno dei dati che emerge dal nostro lavoro e che può costituire una risorsa per questi nuclei, sta nel fatto che non sempre ad un disagio sociale e di necessità economica della famiglia corrisponde necessariamente una situazione problematica sotto il profilo delle dinamiche familiari. In altre parole, anche in presenza di situazioni di difficoltà economica o di fenomeni di disagio sociale riconducibili a cause diverse, il nucleo familiare può continuare a mantenersi coeso, senza dar luogo necessariamente a forme manifeste di sofferenza familiare.
Resta d’altro canto evidente come reti sociali esterne alla famiglia sono in genere più articolate nelle classi alte, mentre più rigide, ristrette e funzionalmente più povere nelle classi sociali più basse. Ne deriva che in momenti di difficoltà questi ultimi non hanno la possibilità di far riferimento a risorse esterne solide e socialmente arricchenti.
Da qui la nostra volontà di mettere sempre più in campo azioni che possano rappresentare un valido strumento di lotta al disagio di tante famiglie, anche quelle considerate “normali” e di cui nessuno si fa carico, dando una risposta alle esigenze di tutela, promozione e miglioramento della qualità della vita del nucleo in difficoltà, valorizzandone le potenzialità e contrastando “l’anonimia dell’abitare” che, purtroppo, riguarda molte famiglie e diverse categorie di cittadini “fragili”.
L’emersione di una richiesta così forte ed in continuo aumento, ci ha spinto a riflettere sulle azioni e le modalità di intervento più idonei in favore di questa utenza, costituita non soltanto da nuclei familiari ma anche da anziani, ex detenuti, invalidi, ecc,… .
Ecco perché nel 2008 si è deciso di promuovere e realizzare a Roma un servizio come l’“Emporio della Solidarietà”, per sostenere le persone e le famiglie in difficoltà, utilizzandolo soprattutto come “strumento” per evitare la cronicizzazione del disagio ed il superamento della “crisi”; fornendo oltre ad un aiuto concreto anche un punto di riferimento alla famiglia (sostegno psico-sociale, segretariato sociale, collegamento con i servizi formali ed informali del territorio facendo opera di mediazione, aiuto nel disbrigo di pratiche burocratiche, contatti telefonici costanti, realizzazione di progetti e percorsi individuali, interventi di sostegno psicologico - elaborazioni di lutti, separazioni, abusi, malattie, crisi coniugali, difficoltà nell’accudimento dei figli, ecc. -, orientamento legale, orientamento per l’inserimento nel mondo del lavoro, erogazione farmaci, ecc.).
Crediamo che aver realizzato un luogo dove poter “procurare gratuitamente” generi di prima necessità rappresenti una risposta finalmente concreta e rispettosa dei bisogni delle persone (si “preleva” ciò che si vuole e di cui si ha necessità), in grado di “contattare” nuclei che mai si sarebbero rivolti ad un servizio, facendo rimanere il loro disagio inascoltato.
Con questo tipo di intervento si ha la possibilità di effettuare un’osservazione costante della condizione psico-sociale e sanitaria, in particolare dei minori, la sussistenza di carenze igieniche e di cure parentali oltre al sostegno psico-educativo alla coppia genitoriale.
Dalla nostra esperienza, mirata a conoscere e valutare i fattori di criticità sociale ed economica, a volte, prende forma un quadro molto complesso che evidenzia le condizioni di disagio dei nuclei ed i fattori che hanno concorso all’innescarsi del processo di emarginazione e povertà. Molto spesso, infatti, attraverso la “semplice” richiesta di viveri si cela una domanda più complessa, che contiene in sé una richiesta molto più articolata ed a vari livelli.
L’esperienza accumulata ci ha permesso di individuare quattro principali aree di disagio familiare:
a) problemi economici (che comprendono i problemi economici in senso stretto, indebitamento con finanziarie e banche, i problemi relativi al lavoro ed all’abitazione, pagamento utenze, ecc.);
b) problemi di salute(malattie croniche, incidenti sul lavoro, difficoltà a curarsi, ecc.);
c) problemi di accudimento di bambini e di assistenza ad anziani, malati, invalidi;
d) problemi affettivo-relazionali (rapporti di coppia, rapporti genitori-figli, perdita del coniuge, separazioni, traumi da violenze subite, scomparsa di parenti, solitudine, ecc.).
Queste famiglie solitamente non hanno mai esplicitato i loro bisogni; difatti, molte di esse non hanno mai preso contatti con i servizi del proprio territorio. In molti casi alla povertà materiale si unisce anche l’assenza di servizi di riferimento; una delle frasi ricorrenti è “non sappiamo con chi parlare”.
Quindi, la persona attraverso la richiesta del soddisfacimento di un bisogno primario porta all’attenzione la propria condizione di disagio psico-socio-economico rimasta sino ad allora non solo inespressa ma anche inascoltata.
Ancora più critica è la situazione messa in evidenza da queste richieste poiché nella maggioranza dei casi vengono rivolte da nuclei familiari con minori molto piccoli.
E’ grave, infatti, la situazione di molte famiglie che, pur non vivendo in strada, si trovano al di sotto della soglia di povertà, potendo contare su un solo reddito, quando questo esiste.
La loro condizione, se fino a qualche anno fa era considerata critica ma ancora ai limiti dell’indigenza, negli ultimi anni si è trasformata in una vera e propria emergenza sociale.
E’ importante denunciare le condizioni in cui si trovano questi nuclei, dove il disagio può trasformarsi facilmente in situazioni croniche e non di rado portare sulla strada. Il loro disagio rimane invisibile fino a quando non succede l’irreparabile. Occorrerebbe salvaguardare i posti di lavoro quando ci sono e crearne altri, questa rimane la giusta via per contrastare il disagio di tante famiglie.
La povertà delle famiglie è una questione di giustizia sociale.
Quanto detto vuole essere solo una breve considerazione, affinché ci sentiamo spinti a denunciare la grave situazione di indigenza in cui versano tante famiglie, per cercare di attuare soluzioni più idonee e dignitose possibili, senza cadere in un facile assistenzialismo e senza dimenticare che nelle famiglie di oggi si formeranno gli uomini di domani.
Ciò che intendiamo attuare e promuovere, non vuole essere una risposta esaustiva al problema delle famiglie in difficoltà in una città come Roma, ma vuole piuttosto essere una testimonianza concreta affinché non venga mai perso di vista il valore dell’accoglienza, della solidarietà e della gratuità.
Noi crediamo che questa iniziativa possa rappresentare un valido strumento di lotta al disagio delle famiglie; inoltre, questo progetto, così come è sempre stato nello spirito della Caritas, vuole svolgere il delicato compito di sollecitazione culturale e politica, dando voce alle istanze ed ai bisogni di chi è costretto a vivere la propria sofferenza, il proprio disagio in solitudine. L’impegno concreto della Caritas resta quello di “dar voce a chi non ha voce”.
Tale funzione, nel campo delle Politiche Sociali, è oggi quanto mai necessaria, specie se l’obiettivo è il passaggio da un potere centrale di governo alla promozione di responsabilità diffuse. Uno stile di vita solidale, rappresenta certamente un valore cristiano ma, soprattutto, costituisce per il futuro il fondamento della società chiamata a confrontarsi con vari problemi, a livello sociale, economico, culturale, religioso, razziale, considerandola come occasione di solidarietà e condivisione. Non occorre “avversare” i poteri pubblici, ai quali è storicamente affidata la garanzia dei diritti dei più deboli e vulnerabili, ma, al contrario, in tale indispensabile funzione, occorre affiancarli e rafforzarli, apportando al loro esercizio coraggio, competenza, efficienza e costruendo intorno ad essi consenso e coesione sociale.
Per non farsi cogliere impreparata alle sfide dei tempi, la Caritas e tutta la comunità cristiana, in questo campo, non ha dunque nulla da temere, proponendosi coraggiosamente sullo scenario sociale con l’umile consapevolezza della propria identità e delle proprie esperienze storiche. Siamo convinti che l’accoglienza e la tutela delle famiglie siano un diritto fondamentale, indipendentemente dallo stato giuridico e dalla posizione amministrativa di ognuno. Per questo ci auspichiamo che si arrivi ad un arricchimento e ad un’ulteriore qualificazione/innovazione del sistema collettivo di protezione sociale, adottando un’ottica di sussidiarietà. Intendendo con ciò l’integrazione dei diversi soggetti, con ruoli distinti e non sovrapponibili, in un quadro di regole che esaltino il livello comunitario, potenziando le capacità dei singoli attori sociali.
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Il nostro progetto è rivolto a persone e nuclei familiari italiani e stranieri, residenti/domiciliati a Roma, in condizione di reale difficoltà e disagio familiare, lavorativo, economico e/o sociale, per un periodo di tempo stabilito (da uno a sei mesi), sufficiente a renderli più autonomi ed integrati.
I destinatari, quindi, sono coloro che si trovano in temporanea difficoltà e che non riescono a sopperire a tutte le loro necessità.
L’obiettivo principale del progetto è quello di dare alla famiglia una possibilità concreta per superare la situazione di “crisi” e consentirle, quindi, di aumentare il proprio livello di empowerment, cioè di “potere” in modo attivo invece che assumere un atteggiamento di passività di fronte a possibili difficoltà ed eventi negativi.
Sarà importante mettere il nucleo nelle condizioni di raggiungere il maggior grado di autonomia, tale da renderlo il più possibile autosufficiente, incoraggiandolo a percepirsi come portatore di risorse per sé e per gli altri e non solo di bisogni.
Quanto ci si propone prende, quindi, le distanze dall’assistenzialismo per far leva sulle risorse della famiglia e sulla sua capacità di” “saper fare…", sostenendola nel proprio percorso. Il nostro progetto vuole mettere in “movimento” qualcosa che resti, una “learning organization”, cioè una esperienza che resta iscritta nell’organizzazione sociale, in grado di rendere le persone promotrici e protagoniste della vita sociale.
L’azione complessiva del progetto è rivolta, quindi, a produrre una trasformazione dell’ottica con cui le famiglie, le persone del territorio si rapportano in uno scambio vicendevole, promuovendo attraverso specifiche e concrete esperienze una nuova soggettività delle famiglie, cioè una maggiore consapevolezza dei loro diritti – doveri e supportando una relazione attiva e partecipe da parte delle famiglie coinvolte nel progetto.
Gli obiettivi particolari del progetto sono:
- garantire la disponibilità, l’ascolto, l’accoglienza dei nuclei familiari che si trovano in una situazione di disagio;
- dare una risposta concreta alle richieste del nucleo familiare;
- intervento diretto sulla famiglia per aiutarla ad affrontare e circoscrivere la situazione di crisi;
- individuare le cause che sono state all’origine del disagio;
- aiutare il nucleo familiare ad utilizzare le proprie potenzialità;
- collegare il nucleo con le strutture formali ed informali disponibili sul territorio;
- sensibilizzare gli operatori e l’opinione pubblica sul fenomeno dei nuclei familiari in difficoltà;
- realizzare nuove metodologie d’intervento;
- analizzare l’area del disagio riguardante i nuclei familiari al fine di contribuire alla formulazione di nuovi obiettivi di politica sociale in termini di prevenzione, contenimento e risoluzione del disagio (Osservatorio).
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All’”Emporio della Solidarietà” si accede attraverso i seguenti servizi, dislocati nel territorio del Comune di Roma:
- il Centro di Ascolto Diocesano per Italiani c/o Equipe Psico-Medico-Sociale - Via Marsala
- il Centro di Ascolto Diocesano per Stranieri - Via delle Zoccolette
- il Centro di Ascolto Diocesano per Italiani e Stranieri di Ostia - Lungomare Toscanelli
- il Servizio Diocesano di Assistenza Domiciliare “Aiuto alla Persona”
- 47 Centri di Ascolto Parrocchiali
- Unità di Servizio Sociale del Municipio III
Per un totale di 52 punti di ascolto.
In sintesi elenchiamo i criteri di valutazione per l’accesso all’Emporio:
- residenti/domiciliati a Roma, italiani e stranieri
- temporanea situazione di disagio
- effettiva disponibilità di un alloggio
- costituzione del nucleo familiare (presenza o meno di minori)
- fonti di reddito del nucleo
- spese ordinarie/straordinarie del nucleo
- eventi critici che hanno determinato lo stato di bisogno del nucleo
- bisogni espressi
- bisogni rilevati
- interventi da attivare a breve-medio-lungo tempo per la risoluzione e/o contenimento del disagio.
I criteri, anche se per loro stessa definizione stabiliscono chi può usufruire di un servizio e chi no si intendono, comunque, suscettibili di possibili eccezioni date dal particolare tipo di richiesta, quella alimentare, che soddisfa un bisogno primario. I criteri, quindi, vanno sempre considerati come delle linee di massima su cui agire.
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La richiesta della tessera da parte della famiglia viene, quindi, valutata attraverso un colloquio psico-sociale mirato ad approfondire le condizioni generali del richiedente e del suo nucleo familiare oltre ai criteri richiesti. Inoltre, deve essere presentato lo Stato di Famiglia e l’ISEE (Indice di Situazione Economica Prevalente).
Le persone in possesso dei requisiti fissati per il riconoscimento del credito di spesa saranno dotate di una Card, simile ad una carta di credito a scalare, che consentirà loro di accedere all’Emporio. In futuro, oltre che per l’accesso all’Emporio, si cercherà di rendere la card utilizzabile anche come strumento per altre iniziative di solidarietà e culturali e in ambito socio-sanitario, assistenziale e promozionale.
L’intervento di “supporto al bilancio familiare” si fa così strumento educativo per la promozione di una cultura della solidarietà e della reciprocità.
Attraverso il colloquio, cerchiamo di conoscere e valutare i fattori di criticità sociale che hanno portato la persona a richiedere il servizio; ad esempio la situazione alloggiativa, familiare e relazionale, sanitaria (presenza nel nucleo di soggetti portatori di handicap o altre patologie gravi), lavorativa, situazione debitoria, ecc..
Dai colloqui emerge come attraverso la “semplice” richiesta della tessera si celi una domanda molto più complessa, che contiene in sé una richiesta molto più articolata ed a vari livelli.
Sovente, infatti, dietro questa richiesta si cela una condizione di disagio protratto; pertanto, diviene importante far emergere il loro vissuto per dar voce ad una sofferenza spesso taciuta. Se apparentemente la richiesta dell’Emporio è il fine dell’incontro con l’operatore, essa diventa anche il mezzo, per il disvelamento della propria solitudine e sofferenza e per far sì che si attivi un percorso di sostegno ed accompagnamento che sia di contrasto al disagio ed alla solitudine.
E’ difficile quantificare e specificare tutto ciò che viene fatto con la famiglia e per la famiglia sia per quanto riguarda il lavoro diretto che indiretto.
Il nostro obiettivo generale rimane comunque quello della promozione umana e civile di ognuno, rifiutando risposte o interventi stereotipati; ogni situazione è unica e irripetibile ed ogni intervento va modellato sulla persona, rispettandone i tempi e le modalità. Ricordiamo che non si da dignità alla persona senza diritti e accesso ai diritti.
Dal lavoro svolto dal Servizio, mirato a conoscere e valutare i fattori di criticità sociale ed economica della famiglia, prende forma un quadro molto complesso che evidenzia le condizioni di disagio dei nuclei ed i fattori che concorrono all’innescarsi del processo di impoverimento e disagio a vari livelli.
I nuclei che si presentano al Servizio solitamente non hanno mai esplicitato i loro bisogni e le loro difficoltà; quando lo hanno fatto, a loro dire, non sono stati ascoltati, perchè non sufficientemente “gravi” e “indigenti”. Molti non conoscono i servizi presenti nel territorio e le possibilità loro offerte, anche in termini di “aiuti statali”.
La richiesta della tessera emporio veicola un insieme di difficoltà e bisogni ancora inespressi o addirittura non riconosciuti dal nucleo, a volte non vi è consapevolezza del proprio disagio, dovuta, molto probabilmente, ad una non accettazione del “non farcela più a tirare avanti”.
A partire da ciò si innescano meccanismi di sfiducia che accrescono la paura e la percezione di povertà.
Ancora più critica è la situazione messa in evidenza da queste richieste poiché nella maggioranza dei casi vengono rivolte da nuclei familiari con minori molto piccoli. A tal proposito vogliamo sottolineare come molte famiglie decidono di avere i loro figli nonostante sappiano già che ciò “costerà” loro la perdita del lavoro o la decisione di farli nascere nonostante patologie gravi; difatti, ci sono state donne che a causa della nascita di figli sono state “costrette” a licenziarsi; malattie che impediscono di lavorare, cura e assistenza di figli con gravi malattie, ecc. E a tutte queste famiglie e non solo che noi vogliamo dare il nostro sostegno. Vogliamo segnalare anche la presenza, oltre alle donne separate, anche di uomini separati, categoria in forte aumento. Quest’ultimi, dopo una separazione coniugale, sono da considerare a “rischio” essendo molto vulnerabili; in particolare qualora vi sia l’obbligo di lasciare l’abitazione al coniuge e pagare gli alimenti. Essi, in breve tempo, vanno incontro al dissolvimento del contesto affettivo e relazionale, un impoverimento economico ed uno scivolamento repentino sul piano sociale. In poco tempo, tutto questo crea delle situazioni a serio rischio di emarginazione, rimanendo il loro disagio non solo inespresso ma anche inascoltato, oltre ad una “colpevolizzazione sociale” del mancato versamento degli alimenti.
E’ grave la situazione di molti nuclei familiari che, pur non vivendo in strada, si trovano al di sotto della soglia di povertà, potendo contare su un solo reddito fisso, quando questo esiste.
La condizione di queste famiglie, se fino a qualche anno fa era considerata critica, negli ultimi anni si è trasformata in una vera e propria emergenza sociale; i nostri dati lo confermano.
Per le persone a cui non viene erogata la tessera emporio si cerca di effettuare un collegamento immediato con altre realtà del territorio, con agenzie interinali, con i servizi territoriali di competenza, Centri di Ascolto Parrocchiali, Associazioni, mensa, patronati, centri per l’impiego, ecc.. Naturalmente non sono quantizzabili le tante famiglie, gli anziani, i titolari di pensione di invalidità, ecc., che si rivolgono al servizio o telefonano, perché ormai raggiungono cifre altissime.
Il quadro che emerge e che le famiglie sono sempre più sole, più povere ma soprattutto sfiduciate; una sfiducia ed un pessimismo dettato da vari fattori a cominciare dal carovita che fa intravedere il rischio di impoverimento e il senso di abbandono avvertito da parte delle istituzioni.
L’ascolto e la relazione sono, quindi, essenziali alla riattivazione del nucleo, anche se spesso le persone sembrano affetti da “paralisi” emerge sempre la voglia di uscire dalla situazione di crisi.
Nei colloqui le famiglie si sentono soprattutto “accolte ed ascoltate”. Nel nostro stile di lavoro ciò significa creare una relazione di fiducia che consenta l’aggancio, l’ascolto, l’osservazione e la lettura dei bisogni espressi e non.
Come era intenzione della Caritas si è cercato di creare un punto di riferimento dove la famiglia si sente “accolta ed ascoltata”. Il nostro sforzo è stato quello di creare un “luogo” a disposizione delle famiglie nel quale si possono trovare informazioni, servizi, consigli, sostegno e aiuti pratici; ma anche un riferimento ai servizi ed alle associazioni della città; in futuro lo sforzo finale sarà quello di diventare anche un centro ed uno spazio di documentazione e ricerca.
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Il lavoro sui nuclei familiari pone in essere problemi e capacità più complesse di quelle richieste nei servizi tradizionali.
La valutazione, proprio perché strumento di misura dell’efficacia di un servizio rivolto alle famiglie in stato di disagio, è un elemento molto dibattuto tra gli operatori. Difatti, è certamente un compito faticoso e complesso individuare quei parametri che con rigorosità e precisione possano misurare la corrispondenza tra le prestazioni erogate e i bisogni; questo perché il bisogno delle persone trattate si esprime in maniera contraddittoria e non sempre rispondente agli interventi da mettere in atto e che sono ben lungi dall’essere codificabili. Pertanto, per una migliore gestione del servizio, la valutazione deve essere prevista fin dall’inizio del ciclo di programmazione con riunioni periodiche di equipé.
La valutazione richiede momenti e strumenti mirati e riguarda sia i processi che i risultati. Essa permette di riutilizzare gli elementi positivi e negativi emersi durante la realizzazione delle attività al fine di non riprogettare in toto, ma per migliorare l’esistente.
Quindi, è necessario raccogliere costantemente informazioni in relazione allo svolgimento del servizio ed all’utilizzo delle risorse.
Per effettuare una corretta valutazione distingueremo metodologicamente l’osservazione su due livelli:
- gli interventi diretti agli utenti
- gli interventi diretti al sistema del servizio erogato
L’impatto sui destinatari diretti riguarda la verifica della diminuzione degli indicatori di disagio o di rischio presenti nella situazione di partenza del nucleo che accede al servizio.
Una valutazione globale di evoluzione positiva degli interventi viene fatta in merito a:
- miglioramento o raggiungimento dell’autonomia del nucleo nella gestione della vita quotidiana e del proprio percorso di risoluzione del disagio;
- mutamento del nucleo da un vissuto “depressivo e astenico” a quello attivo e partecipativo;
- potenziamento delle relazione esterne;
- maggiore visibilità dei diritti/doveri;
- evoluzione da una situazione più o meno patogena e/o carente ad una risoluzione o diminuzione del disagio;
- individuazione e attivazione delle risorse del territorio;
- capacità raggiunte dalla famiglia di attivare ed utilizzare le risorse istituzionali e non presenti nel territorio.
La metodologia che utilizziamo è relativa al rilevamento degli indicatori di disagio o di rischio nel momento iniziale, intermedio e finale dell’intervento. Ciò serve a modulare costantemente il progetto sul nucleo.
A tal fine utilizziamo un’apposita scheda anamnestica comprensiva dei dati anagrafici e di tutte le informazioni riguardanti il nucleo.
La verifica finale, supportata da tutta la documentazione necessaria, ha lo scopo di valutare:
- la funzionalità dell’organizzazione interna del servizio;
- la tipologia e la modalità di esecuzione degli interventi rispetto ai progetti formulati sul nucleo;
- i criteri di inclusione/esclusione;
- i flussi di invio;
- la qualità/quantità del lavoro diretto e indiretto;
- le modalità di crescita del servizio, riadeguando risorse e prestazioni sulla base delle esigenze operative;
- il Know How gestionale ed operativo;
- l’immagine del servizio attraverso l’Opinion Analisis.
Successivamente, per poter attivare un processo che sia contemporaneamente di formazione degli operatori e di innovazione del servizio, si procede alle seguenti fasi:
- analisi dell’esistente attraverso strumenti di raccolta dei dati relativi al Servizio, all’intervento degli operatori, ai risultati ipotizzati e raggiunti;
- individuazione dei punti di forza e di debolezza con particolare attenzione ai punti critici riguardo ai risultati, ai processi di lavoro, alla strumentazione, alla divisione dei compiti, alla comunicazione interna ed esterna;
- progettazione del cambiamento del servizio per il superamento dei punti critici individuati, prevedendo nuovi strumenti di analisi e verifica da utilizzare;
- sperimentazione del cambiamento con la realizzazione di nuove linee progettuali (organizzazione, ruoli dei diversi operatori, strumenti di analisi e verifica dell’efficacia e dell’efficienza) del servizio.
Considerando gli obiettivi illustrati nel progetto, che mirano all’autonomia progressiva della famiglia e quindi alla risoluzione o contenimento della “crisi”, possono verificarsi eventuali rischi ai quali far fronte nell’evolversi del lavoro operativo; tra questi ricordiamo:
- la difficoltà a trovare strumenti operativi uniformi tra i servizi coinvolti nel progetto “Emporio della Solidarietà”;
- la difficoltà a trovare strumenti operativi uniformi tra i vari servizi territoriali formali ed informali;
- il mancato incontro tra le risorse offerte e la disponibilità del nucleo a realizzare concretamente un percorso di autonomia;
- i tempi di erogazione del servizio;
- reiterazione del bisogno;
- invio indiscriminato delle famiglie ed erogazione dell’emporio a particolari categorie di utenza “cronica”; poiché l’intervento su questo tipo di utenza ha un carattere sostanzialmente assistenziale e difficilmente modificabile nel tempo e quindi, non rientra negli obiettivi del progetto;
- difficoltà nel dare una risposta adeguata alle diversificate richieste del nucleo familiare;
- la possibilità operativa di attivare e collaborare con la rete formale e informale del territorio del Municipio e cittadino;
- la possibile sovrapposizione ad altri aiuti forniti dal territorio.
Inoltre, occorrerebbe ridiscutere, alla luce dell’esperienza fatta,di alcune questioni ancora aperte, tra queste ricordiamo:
- le strategie di coordinamento tra i servizi coinvolti;
- il numero di card per ogni partner e loro gestione;
- la partecipazione di altri Municipi;
- contributo (in termini economici) dei Municipi coinvolti;
- creazione di una rete di volontari per nuclei impossibilitati a recarsi all’Emporio;
- creazione di una tessera specifica per la prima infanzia;
- gestione dell’eccessivo flusso di anziani e nuclei “cronici”, come prevenirlo e/o contenerlo.
Comunque tali rischi o difficoltà che possono compromettere il progetto, la sua realizzazione o il conseguimento dei risultati, pensiamo possano essere superati grazie alle strategie ed alle modalità descritte nel progetto.
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Per quanto concerne il personale ci si avvarrà di operatori e volontari motivati e adeguatamente formati e supervisionati.
La loro attività si esplicherà attraverso una gamma di interventi ad ampio raggio: di promozione primaria, di prevenzione più specifica laddove si profili una situazione ad alto rischio o di difficoltà, di trattamento in presenza di difficoltà già manifeste.
In sintesi i compiti dell’Equipe saranno:
- presa in carico del caso attraverso la definizione di un progetto individuale contenente gli obiettivi da raggiungere (cioè dei cambiamenti da attivare), i soggetti e le istituzioni da mettere in rete, le modalità di realizzazione dell’intervento;
- attuazione degli interventi;
- segretariato sociale;
- verifica periodica dell’efficacia dell’intervento ed eventuale adeguamento del progetto individuale;
- raccordo con i servizi formali e informali del territorio: incontri per la promozione e messa in rete dei servizi;
- rilevazione e sistematizzazione dati;
- incontri di verifica dell’efficacia e dell’efficienza del servizio.